Fabio Ciceroni

20
Febbraio
2022

Svelamento Dell’inquieto.
Trascorsi ormai dieci anni dall’incontro con l’attività artistica di Sandro Carloni, mi accorgo oggi di risultati diversi, e profondi. Carloni mi era apparso allora nella sua funzione, all’apparenza umile ed ingenua, dell’illustratore: una funzione di solito ed erroneamente considerata di servizio, quasi un prolungamento in immagini di un testo altrui. Eppure, già da allora si imponeva per una “crescente centralità della luce” che produceva, emergendo da un’invincibile ombra del fondo, climi indeterminati di una finezza inquietante”.
Carloni ha sino ad oggi mostrato di destreggiarsi senza remore tra le tecniche più disparate (china, carboncino, tempera, acquarello, tecnica mista, ecc.), ma l’approdo attuale all’uso insistito di olii plurimaterici appare come il più corrispondente ad un’esigenza interiore avvertita come ineludibile. Quasi una necessità mentale e strumentale di giungere ad esprimere quanto di più segreto si nascondeva ancora nel profondo di sé.
Insomma, le atmosfere sospese ed assorte, le presenze mai gridate nonostante la frequentazione assidua di colore, l’estesa luminosità dei paesaggi interinati, l’emergenza centrale di un elemento resistente alla vertigine del cosmo incombente: riescono tutti insieme nello svelamento di una condizione di dolente solitudine non più individuale, ma coinvolgente il comune destino della nostra stessa contemporaneità.
Soprattutto il suo mare si propone con la capacità di sopraffare i deserti dell’anima sui quali accestisce ancora con una forza senza speranza l’ultimo cespuglio di vita. Il suo mare, massa incombente anche quando lontana, è capace di trasmettere l’imminenza del mistero ineguagliabile che agli uomini si manifesta quando prendono coscienza della propria impotenza a dominarlo.
Come in uno specchio vediamo allora riflesse incertezze e trepidazioni, condanne e speranze esistenziali dalle quali siamo assediati spesso inconsapevolmente.
L’arte di Carloni ci aiuta alla loro rivelazione.

Aprile 2004